Dittico - Mavra/Gianni Schicchi

Ordina biglietti
PreviousAprile 2026
Lu
Ma
Me
Gi
Ve
Sa
Do

 

Mavra
Il progetto Mavra, un'opera comica in un atto con libretto di Boris Kochno, nacque nel 1921, mentre Stravinskij si trovava a Londra per una ripresa de Le sacre du printemps. Il soggetto è tratto da un racconto di Puškin intitolato La casetta di Kolomna, una storia semplice con un finale a sorpresa. La giovane Paraša, innamorata dell'ussero Vasilij, escogita un piano per passare più tempo con il suo amato. Dovendo trovare una nuova domestica dopo la morte della vecchia cuoca, Paraša traveste Vasilij da donna e lo presenta alla madre e alla vicina come la nuova cuoca di nome Mavra. Ma il travestimento improbabile dura poco, poiché l'ussero viene sorpreso da madre e figlia nell'atto di radersi la barba. La rivelazione della vera identità di Mavra fa svenire la madre e la vicina interviene prontamente; l'ussero non ha altra scelta che fuggire dalla finestra mentre Paraša urla disperata. Mavra debuttò a Parigi il 3 giugno 1922 senza però ottenere il successo sperato. Stravinskij, nonostante le richieste di Djaghilev, si rifiutò di cambiare il finale, considerato dal suo amico troppo banale e immediato, difendendo le sue scelte e il valore di quest'opera a cui teneva particolarmente. Dedicò la partitura a Puškin, Glinka e Čajkovskij, un gesto che suonava come una provocazione per coloro, soprattutto a Parigi, che associavano la musica russa esclusivamente al folklore. L'opera, suddivisa in numeri chiusi – arie, duetti, quartetti – si rifà al modello del melodramma italiano. Anche la vocalità di belcanto è legata alla tradizione, tuttavia Mavra è anche un'opera estremamente moderna, in cui coesistono materiali sonori diversi – spunti jazzistici, motivi russi e zingareschi – e in cui si creano continui contrasti tra la linea vocale tradizionale e la scrittura orchestrale, caratterizzata da una progressione spesso meccanica e dalla predominanza di miscele timbriche aspre. Stravinskij scelse deliberatamente un organico strumentale singolare, in cui gli strumenti a fiato prevalgono rispetto agli archi, per ricreare in alcuni momenti i suoni di una banda piuttosto che di un'orchestra.

Nuova messa in scena

 

Trama

La storia è molto semplice e ricalca abbastanza fedelmente il testo di Puškin.

Una vecchia signora e sua figlia Parasha vivono a Kolomna, all'epoca sobborgo di San Pietroburgo (realmente esistente). Il sipario si alza sul salotto di una famiglia borghese, dove la figlia Parasha sta ricamando ed intona l'Aria di Parasha in cui viene espressa la sua tristezza perché è da più di una settimana che non vede il suo amato Vassili. Chiede anche all'uccellino di smettere di cantare perché il suo canto le provoca grande nostalgia. Vassili si affaccia alla finestra e risponde con la canzone gitana dell'ussaro dai toni fortemente allegri. Egli infatti si vanta di aver trascorso tutta la notte a far baldoria provocando, in questo modo, la gelosia di Parasha. Inizia un litigio amoroso tra i due, ma l'ussaro si mostra troppo seducente e la fanciulla non può far altro che perdonarlo, trasformando così il litigio in un duetto d'amore. Entra poi in scena la madre che si lamenta poiché è senza serva, dato che la loro cuoca Fyokla è morta da poco, manda allora Parasha a cercarne una nuova mentre si mette a chiacchierare con la Vicina iniziando un duetto in cui si lamentano entrambe dei tempi difficili e di quanto sia impegnativo trovare una nuova serva. La figlia torna a casa con una ragazza grande e grossa, Mavra, in realtà il soldato Vassili travestito da donna. La madre non si accorge del travestimento e la assume, contenta della fortuna avuta. Inizia allora un quartetto tra la Madre, Mavra, Parasha e la Vicina nel quale vengono cantate le lodi della cuoca scomparsa. La vicina poi si congeda e la madre va al piano di sopra a prepararsi per uscire. Rimasti soli, Parasha e Mavra iniziano un duetto nel quale cantano la loro futura felicità visto che adesso potranno stare per sempre insieme e vivere sotto lo stesso tetto. Parasha e la madre escono per andare in città e decidono di tornare all'improvviso per scoprire se la nuova cuoca sia affidabile o meno e la trovano nell'atto tipicamente maschile di radersi. Questo crea grande scompiglio in casa, con la madre che sviene e la figlia che invoca invano il nome del suo amato il quale fugge dalla finestra mentre si cala il sipario.

 

Gianni Schicchi
L'ultimo dei tre atti unici che compongono il Trittico di Puccini, Gianni Schicchi, narra le buffe vicende del protagonista del titolo, un furbo fiorentino citato da Dante nella Divina Commedia per aver falsificato un testamento. L'azione si svolge a Firenze nel 1299. La famiglia Donati è in subbuglio dopo la morte del parente Buoso che sembra aver donato la sua considerevole eredità a un convento. Per trovare una soluzione viene consultato Gianni Schicchi, noto in città per la sua astuzia e sagacia. Come un vero deus ex machina, il protagonista finge di essere il morente Buoso, ma nel dettare al notaio le sue ultime volontà, assegna i beni più preziosi al 'suo caro amico' Gianni Schicchi, suscitando l'ira dei suoi avidi parenti. Tuttavia, la truffa è dettata da un fine nobile; così facendo, Gianni garantisce una bella dote per la figlia Lauretta, che potrà sposare Rinuccio Donati, con il rispetto dovuto alla famiglia altezzosa. Per Puccini, Gianni Schicchi rappresentò un'incursione di grande successo nel genere comico. La storia vivace servì anche da perfetto contrappunto alle due storie tragiche che l'avevano preceduta (Il tabarro e Suor Angelica). Il Trittico debuttò al Metropolitan di New York il 14 dicembre 1918. L'accoglienza del pubblico fu tiepida, ad eccezione di Gianni Schicchi, che ottenne subito un grande successo. Il segreto del suo immediato plauso risiede nell'amalgama di ingredienti della tradizione comica, sapientemente dosati dal compositore toscano: caratteristici e spassosi ensemble vocali, scrittura brillante e un ritmo serratissimo che porta a un finale degno di applausi.

Messa in scena del Maggio Musicale Fiorentino

 

Trama

1º settembre 1299. Gianni Schicchi, famoso in tutta Firenze per il suo spirito acuto e perspicace, viene chiamato in gran fretta dai parenti di Buoso Donati, un ricco mercante appena spirato, perché escogiti un mezzo ingegnoso per salvarli da un'incresciosa situazione: il loro congiunto ha infatti lasciato in eredità i propri beni al vicino convento di frati, senza disporre nulla in favore dei suoi parenti.

Inizialmente Schicchi rifiuta di aiutarli a causa dell'atteggiamento sprezzante che la famiglia Donati, dell'aristocrazia fiorentina, mostra verso di lui, uomo della «gente nova». Ma le preghiere della figlia Lauretta (la celebre romanza «O mio babbino caro»), innamorata di Rinuccio, il giovane nipote di Buoso Donati, lo spingono a tornare sui suoi passi e a escogitare un piano, che si tramuterà successivamente in beffa. Dato che nessuno è ancora a conoscenza della dipartita, ordina che il cadavere di Buoso venga trasportato nella stanza attigua in modo da potersi lui stesso infilare sotto le coltri, e dal letto del defunto, contraffacendone la voce, dettare al notaio le ultime volontà.

Così infatti avviene, non senza che Schicchi abbia preventivamente assicurato i parenti circa l'intenzione di rispettare i desideri di ciascuno, tenendo comunque a ricordare il rigore della legge, che condanna all'esilio e al taglio della mano non solo chi si sostituisce ad altri in testamenti e lasciti, ma anche i suoi complici («Addio Firenze, addio cielo divino»).

Schicchi declina dinanzi al notaio le ultime volontà e quando dichiara di lasciare i beni più preziosi – la «migliore mula di Toscana», l'ambita casa di Firenze e i mulini di Signa – al suo «caro, devoto, affezionato amico Gianni Schicchi», i parenti esplodono in urla furibonde. Ma il finto Buoso li mette a tacere canterellando il motivo dell'esilio e infine li caccia dalla casa, divenuta di sua esclusiva proprietà.

Fuori, sul balcone, Lauretta e Rinuccio si abbracciano teneramente; mentre Gianni Schicchi sorridendo contempla la loro felicità, compiaciuto della propria astuzia.

Programma e cast

ARTISTI

Direttore: Francesco Lanzillotta

Regia, scenografie, costumi e luci: Denis Krief

Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

 

Mavra

Paraša: Julia Muzychenko

La madre: Kseniia Nikolaieva

La vicina: Aleksandra Meteleva

L'ussaro: Iván Ayón Rivas

 

Gianni Schicchi

Gianni Schicchi: Roberto De Candia

Lauretta: Julia Muzychenko

Zita: Kseniia Nikolaieva

Rinuccio: Iván Ayón Rivas

Nella: Nikoletta Hertsak

Simone: Adriano Gramigni

La Ciesca: Aleksandra Meteleva

Teatro del Maggio

Il Teatro del Maggio è in centro, a ridosso della vecchia cinta muraria della città, al fianco della storica Stazione Leopolda. Il giardino che accoglie i visitatori è Piazzale Vittorio Gui, intitolato al fondatore della Stabile Orchestrale Fiorentina e del Maggio Musicale Fiorentino.


In treno
Santa Maria Novella è la principale stazione ferroviaria di Firenze.
Da lì è possibile arrivare in Teatro con un breve tragitto a piedi (circa 10-15 minuti) oppure prendendo la tranvia (una fermata) o un taxi.


In auto
L’Opera di Firenze è appena fuori dalla zona ZTL.
È possibile parcheggiare nei pressi del Parco delle Cascine o a pagamento nel parcheggio Porta al Prato (Via Elio Gabbuggiani, 7) e nel parcheggio di Piazza Vittorio Veneto.


In bus
Linee C1, C2 e D (fermata Leopolda);
Linee 17 e 23A-B (fermata Via delle Carra);
Linea 17B-C, 22, 23N, 23 e 57 (fermata Pierluigi da Palestrina);
Linee 29, 29B, 29BA, 29BC, 29D, 30A, 30B, 30AC, 35 e 35° (fermata Leopolda – Porta al Prato; Capolinea).


In tranvia
Linea T1 (fermata Porta al Prato – Parco della musica).

Eventi correlati