La Fanciulla del West

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Opera in tre atti
Musica di Giacomo Puccini
Libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini dal dramma The Girl of the Golden West di David Belasco

 

Trama

In California, intorno al 1850, ai tempi della febbre dell'oro. Minnie (soprano) è la giovane padrona della "Polka", un locale ai piedi delle montagne della Sierra, e, per i minatori del vicino campo di lavoro, la compagna, la consolatrice, la confidente; soprattutto ora che una banda di grassatori, comandata dal temibile Ramerrez, infesta la zona depredando e taglieggiando.

 

Atto I

L'interno della "Polka".

Terminato il lavoro i minatori si vengono a rilassare. Nick, il cameriere, li serve, e si prende gioco di Sonora e Trin, facendogli credere che Minnie sia innamorata di loro: i due, lusingati, offrono whisky e sigari a tutti. Entra il cantastorie Jack Wallace, che canta la nostalgia di casa, provocando la commozione disperata di Larkens, che decide di abbandonare la miniera. Tutti, impietositi, fanno una colletta per aiutarlo a partire. Si gioca anche a carte, e Sid bara. È però scoperto e punito dallo sceriffo Jack Rance (baritono). Arriva poi Ashby, rappresentante della compagnia Wells Fargo; avvisa tutti che Ramerrez si aggira nei dintorni, e poi va a dormire. Rance dichiara che Minnie lo sposerà, e Sonora, ingelosito, si scaglia contro di lui. Si spara, ma in quell'istante entra Minnie, che fa cessare la lite e zittisce i litiganti. Tutti, uno dopo l'altro, le offrono doni. Anche Ashby si sveglia e brinda con lei. Minnie quindi fa la consueta lettura di un capitolo della Bibbia ai presenti. Finita la lezione, ella rimprovera l'indiano Billy, che ha fatto un figlio con l'indiana Wowkle, sua cameriera, e gl'ingiunge di sposarla. Poi arriva la posta, per tutti. C'è fra l'altro la lettera per Ashby di una donna equivoca, Nina Micheltorena, che offre la cattura di Ramerrez per vendetta. Ashby dice che andrà all'appuntamento. La sala si svuota, tutti vanno nella sala da ballo mentre Minnie e Rance restano soli. Nick avvisa la donna che fuori è arrivato un forestiero, che ha chiesto whisky e acqua; Minnie ride, e assicura che poi lo metterà a posto. Lo sceriffo dichiara il suo amore a Minnie, offre addirittura mille dollari per un suo bacio, ma Minnie lo respinge duramente: solo chi avrà il suo amore la potrà baciare. In quella entra il misterioso forestiero; Minnie cambia di colpo espressione e dice a Nick di servire il nuovo venuto. Dal breve colloquio fra Minnie e il nuovo venuto si apprende che i due s'erano già incontrati per caso sulla strada per Monterrey qualche giorno avanti; nessuno dei due era rimasto indifferente all'altro. Rance allora s'infuria, e pretende spiegazioni. Il nuovo venuto dichiara di chiamarsi Dick Johnson (tenore), ma non aggiunge molto. Rance allora richiama i minatori per farlo parlare, ma Minnie dice di conoscerlo: tutti diventano allora gentili, anzi invitano Johnson a ballare, mentre lui invita Minnie. Lo sceriffo è umiliato e scontroso.

 

Mentre si balla arrivano dei minatori con un bandito prigioniero, José Castro, che dice di essere scappato dalla banda di Ramerrez e di esser pronto a guidarli al bandito, per vendetta. Rance, Ashby e gli altri decidono allora di tentare il colpo. Non visto, il bandito si avvicina a Johnson, che in realtà è Ramerrez travestito, e gli dice d'essersi fatto catturare per sviarli; gli altri verranno fra poco; ci sarà un fischio, se c'è il bottino basterà rispondere con un altro fischio. La spedizione parte.

 

Minnie e Johnson rimangono soli. È evidente che si sono innamorati. Minnie narra della dura vita dei minatori, e dell'oro custodito proprio qui, nel saloon, a cui lei ora fa la guardia. Si ode il fischio; ma Johnson non risponde, non volendo tradire Minnie. E poiché ha una certa istruzione, il suo modo di parlare finisce di conquistare Minnie. Johnson dice di dover andar via, e Minnie l'invita più tardi a visitarla nella sua capanna, quando avrà il cambio nella guardia all'oro e rincaserà. Johnson verrà.

 

Nota: la scena di Sid che bara e quella della lettura della posta da parte di tutti i minatori sono spesso tagliate; la scena di Minnie che rimprovera Bill è invece quasi sempre tagliata, perfino nella partitura stampata, e perciò la sua esecuzione è rarissima.

 

Atto II

Interno della capanna di Minnie.

Billy parla con la serva indiana Wowkle, ha fissato le nozze per domani. Arriva Minnie che si compiace e lo manda via, si accerta con Wowkle che il matrimonio si farà e poi dà al bambino dei doni avuti da Sonora e Trin. Poi le dice di preparare la tavola per due. Johnson arriva e nel dialogo fra i due la reciproca attrazione si cambia in amore: lui vorrebbe baciarla, Minnie allora fa uscire Wowkle, e poi si ha un lungo bacio appassionato. Poi Johnson dice che deve andare, ma aprendo la porta si vede che è scoppiata una tormenta, il sentiero è scomparso. Allora Minnie offre ospitalità a Johnson. Come i due stanno per addormentarsi si odono delle voci. Minnie nasconde Johnson, poi entrano Rance, Sonora, Ashby e Nick. Rance trionfante dice a Minnie che non solo lo sconosciuto straniero era Ramerrez, ma anche che l'equivoca Nina Micheltorena è la sua amante, ed è questa che lo ha denunciato per vendetta offrendo pure una sua foto. Minnie incassa il colpo e dicendo di non aver bisogno di aiuto congeda i quattro. Poi, indignata e disperata, affronta Johnson. Questo si difende, e narra che non voleva essere bandito: lo costrinse il padre, di cui egli ignorava la doppia vita, che morendo gli lasciò la banda in eredità. Afferma che da tempo voleva redimersi, e vedendo Minnie credeva di aver trovato la via della redenzione. Minnie gli crede, ma sconvolta per il bacio dato lo caccia via. Sull'uscio Johnson viene colpito da un colpo di pistola, sparato a bruciapelo dallo sceriffo, il quale, insospettito dal contegno di Minnie, si era appostato nei pressi. A questo punto Minnie soccorre Johnson e con grande sforzo riesce a nasconderlo nel solaio. Rance entra, cerca dappertutto, non trova nessuno, poi cerca di baciare Minnie a forza. Lei si divincola e lo respinge, lui tende la mano in gesto di minaccia e vede cadere dal soffitto delle gocce di sangue proprio sulle sue dita. Johnson è così scoperto, Minnie deve riportarlo giù. La ragazza, furiosa, propone a Rance una partita a poker: se vincerà, Johnson sarà suo, e Rance dovrà dimenticare quanto è successo, se perderà, lo sceriffo potrà arrestare e portare via il bandito. La tremenda partita ha luogo; sembra che Rance stia vincendo, ma Minnie abilmente bara e vince lei. Rance sconfitto esce furioso.

 

Atto III

In una radura della grande selva californiana.

Sorge l'alba, nel bivacco Rance parla con Nick, e gli svela come due settimane prima ferì Johnson/Ramerrez, ma Minnie lo obbligò a tacere. Ramerrez poi venne curato da lei ed ora guarito sta tentando la fuga. Infatti i minatori guidati da Ashby stanno setacciando la foresta. La caccia riprende con il sorgere del sole, e poco dopo grida di esultanza annunciano la cattura del bandito, che viene portato al cospetto di Rance ed è subito circondato da una turba di uomini minacciosi, pronti, su incitamento dello sceriffo, ad impiccarlo; a nulla vale il suo canto d'amore (Ch'ella mi creda libero e lontano) nel quale chiede di non dire a Minnie la verità sulla sua morte. La sua sorte sarebbe segnata se, d'improvviso, avvertita nel frattempo da Nick, in sella ad un cavallo ed impugnando una pistola, non intervenisse in suo soccorso Minnie.

 

Sarà lei, con una paziente opera di persuasione, e con l'aiuto di Sonora ormai dalla sua parte, a convincere i minatori a lasciare libero il suo uomo: si rivolge ad ognuno, ricordando i giorni trascorsi insieme, le ore della tristezza e della speranza, e riesce così a commuovere quegli animi induriti dalla fatica e dalle sofferenze. Johnson è finalmente libero; Minnie s'allontana felice con colui che nessuno potrà più togliere al suo amore, fra il pianto dei minatori.

Programma e cast

Opera in italiano con sovratitoli in italiano e inglese
Durata: 3 ore circa, con intervallo

 

Direttore | Jonathan Darlington
Regia, Scene e Costumi | Hugo De Ana
Light Designer | Vinicio Cheli
Projection Designer | Sergio Metalli

 

Interpreti
Minnie | Anna Pirozzi
Jack Rance | Gabriele Viviani
Dick Johnson | Martin Muehle♭
Nick | Alberto Robert♭
Ashby | Mariano Buccino♭
Sonora | Leon Kim♭
Sid | Lodovico Filippo Ravizza ♭
Trin | Antonio Garés ♭
Bello | Clemente Antonio Daliotti♭
Harry | Gregory Bonfatti
Joe | Paolo Antognetti
Happy | Pietro Di Bianco
Larkens | Lorenzo Mazzucchelli
Billy Jackrabbit | Sebastià Serra #
Wowkle | Antonia Salzano #
Jack Wallace | Gabriele Ribis♭
José Castro | Yunho Kim #
Un postiglione | Michele Maddaloni ♮

 

♭ debutto al Teatro di San Carlo
♮ Coro del Teatro di San Carlo
# Accademia del Teatro di San Carlo

 

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Maestro del Coro | Fabrizio Cassi

 

Produzione del Teatro di San Carlo in coproduzione con ABAO Bilbao Opera

Teatro di San Carlo

 

 

Teatro di San Carlo Napoli; Teatro dell'Opera di San Carlo; Real Teatro di San Carlo Napoli.

 

Il Real Teatro di San Carlo (Teatro Reale di San Carlo), il suo nome originale sotto la monarchia borbonica ma oggi conosciuto semplicemente come Teatro di San Carlo, è il Teatro dell'Opera a Napoli, Italia. Si trova adiacente alla centrale Piazza del Plebiscito, ed è collegato al Palazzo Reale.

È una delle più antiche sedi dell'opera pubblica del mondo, inaugurata nel 1737, solo cinque anni dopo il Teatro Manoel di Malta e decenni prima dei teatri La Scala di Milano e La Fenice di Venezia. 

La stagione lirica va da fine gennaio a maggio, con la stagione dei balletti da aprile a inizio giugno. Un tempo il teatro aveva una capienza di 3.285 posti a sedere ma oggi è stato ridotto a 1414 posti a sedere. Per le sue dimensioni, la struttura e l'antichità è stato il modello per i seguenti teatri in Europa.

 

Storia del teatro dell'opera

Commissionato dal re borbonico Carlo VII di Napoli, Carlo VII, Carlo voleva dotare Napoli di un nuovo e più grande teatro per sostituire il vecchio, fatiscente e troppo piccolo Teatro San Bartolomeo del 1621, che aveva servito bene la città, soprattutto dopo che Scarlatti vi si era trasferito nel 1682 e aveva iniziato a creare un importante centro lirico che esisteva già nel Settecento.

 

Così, il 4 novembre 1737, giorno del re, fu inaugurato il San Carlo, con la rappresentazione dell'Achille in Sciro dell'opera di Domenico Sarro, basata sul libretto di Metastasio del 1736, musicato in quell'anno da Antonio Caldara. Come di consueto, il ruolo di Achille era interpretato da una donna, Vittoria Tesi, detta "Moretta"; l'opera comprendeva anche il soprano Anna Peruzzi, detta "la Parrucchierina" e il tenore Angelo Amorevoli. Sarro ha anche diretto l'orchestra in due balletti come intermezzi, creati da Gaetano Grossatesta, con scene disegnate da Pietro Righini. Le prime stagioni hanno messo in evidenza la preferenza reale per i numeri di danza, e si sono esibiti tra i famosi castrati.

 

Alla fine del XVIII secolo, Christoph Willibald Gluck fu chiamato a Napoli dall'impresario Tufarelli per dirigere a teatro la sua Clemenza di Tito del 1852, e Johann Christian Bach nel 1761-62 portò due opere, Catone in Utica e Alessandro nell'Indie.

 

1737: Costruzione del Teatro di San Carlo

 

Il nuovo teatro dell'opera fu progettato da Giovanni Antonio Medrano, architetto militare, e Angelo Carasale, già direttore del San Bartolomeo. L'auditorium a ferro di cavallo è il più antico del mondo. Fu costruita al costo di 75.000 ducati. La sala era lunga 28,6 metri e larga 22,5 metri, con 184 palchi, compresi quelli di proscenio, disposti in sei ordini, più un palco reale in grado di ospitare dieci persone, per un totale di 1.379 posti a sedere. Compreso il posto in piedi, il teatro poteva ospitare oltre 3.000 persone. Il compositore e violinista Louis Spohr esaminò a fondo le dimensioni e le proprietà acustiche di questo teatro lirico il 15 febbraio 1817, e concluse il tutto:

 

non c'è posto migliore per il balletto e la pantomima. Movimenti militari di fanteria e cavalleria, battaglie e tempeste in mare possono essere rappresentati qui senza cadere nel ridicolo. Ma per l'opera, in sé, la casa è troppo grande. Anche se i cantanti, la Signora Isabella Colbran, [Prima Donna della compagnia lirica del Teatro San Carlo e futura moglie di Rossini], e i Signori Nozzari, Benedetti, etc., hanno voci molto forti, solo i loro toni più alti e stentoriani potevano essere ascoltati. Si è persa ogni tipo di tenera espressione.

 

Molto ammirato per la sua architettura, le sue decorazioni in oro e la sontuosa tappezzeria blu (il blu e l'oro sono i colori ufficiali dei Borbone), il San Carlo era oggi il più grande teatro lirico del mondo[6]. In relazione al potere dell'attuale Regno Borbonico delle Due Sicilie, Beauvert osserva che il disegno del teatro, con i suoi 184 palchi privi di tende, era tale che "nessuno poteva evitare lo scrutinio del sovrano" che aveva il suo accesso privato dal Palazzo Reale.

Nel 1809 Domenico Barbaia fu nominato direttore dei reali teatri d'opera di Napoli e rimase in carica fino al 1841. Ben presto si affermò per le produzioni innovative e abbaglianti, che attiravano nel teatro lirico sia il pubblico che i cantanti di spicco.

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