La Traviata
Lu | Ma | Me | Gi | Ve | Sa | Do |
Opera in tre atti (1853)
Libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal romanzo La Dame aux camélias (1848) di Alexandre Dumas il Giovane
Esecuzione concertistica
Trama
Atto I
Dopo un profondo e toccante Preludio, il sipario si apre mostrando un elegante salone della casa parigina di Violetta Valery, dove lei, donna di mondo, attende gli invitati. Violetta saluta tra gli altri Flora Bervoix e il visconte Gastone de Letorières, che le presenta Alfredo Germont, spiegandole che è un suo grande ammiratore e che durante la sua recente malattia si era recato spesso nella sua casa per ricevere notizie. Dopo aver chiesto spiegazioni per il comportamento ammirevole di Alfredo, Violetta rimprovera il suo protettore, il Barone Douphol, di non aver avuto la stessa curiosità del giovane innamorato; il Barone, irritato, mostra il suo disappunto a Flora. Poco dopo, Gastone propone un brindisi al Barone che rifiuta; Alfredo ritroso accetta invitato da Violetta cui si uniscono gli altri invitati, che cantano alla vita e alla bellezza che fugge e al vino che riscalda l'amore (Libiamo ne' lieti calici).
Atto II
Quadro I
Alfredo e Violetta convivono ormai da tre mesi nella casa di campagna dei Germont; il giovane è contento della sua vita con l'amata (De' miei bollenti spiriti), quando sopraggiunge Annina, la domestica di lei. Interrogata da Alfredo, ella ammette di essere stata a Parigi per vendere tutti i beni della sua padrona coi quali poter pagare le spese di mantenimento della casa, per una somma di 1.000 luigi; Alfredo promette di andare lui stesso a sistemare gli affari e raccomanda ad Annina di non far parola del loro dialogo con Violetta. Rimasto solo, Alfredo si incolpa per la situazione finanziaria (Oh mio rimorso! Oh infamia!)
Violetta entra in scena ed il suo cameriere, Giuseppe, le porge una lettera di invito per quella sera ad una festa presso il palazzo di Flora Bervoix. Subito dopo Giuseppe annuncia la visita di un signore, che Violetta crede sia il suo avvocato e fa entrare. È invece Giorgio Germont, il padre di Alfredo, che l'accusa duramente di voler spogliare Alfredo delle sue ricchezze. Violetta allora gli mostra i documenti che provano la vendita di ogni suo avere per mantenere l'amante presso di lei: il vecchio signore capisce la situazione, ma pur convinto dell'amore che lega Violetta al figlio, le chiede un sacrificio per salvare il futuro dei suoi due figli. Germont spiega che ha anche una figlia e che Alfredo, se non torna subito a casa, rischia di mettere in pericolo il matrimonio della sorella (Pura siccome un angelo). Violetta così propone di allontanarsi per un certo periodo da Alfredo; ma non basta e il vecchio Germont le chiede di abbandonarlo per sempre, il che Violetta non può accettare, non avendo parenti o amici ed essendo affetta dalla tisi. Germont le fa allora notare che quando il tempo avrà cancellato la sua avvenenza (Un dì quando le veneri), Alfredo si stancherà di lei, che non potrà trarre nessun conforto, non essendo la loro unione benedetta dal cielo. Stremata, Violetta accetta di lasciare Alfredo.
Rimasta sola, Violetta scrive dapprima al barone Douphol, poi ad Alfredo per annunciargli la sua decisione di lasciarlo; non appena terminata la lettera, Alfredo entra agitato perché ha saputo della presenza del padre. Propone a Violetta di andare a conoscerlo ma lei, dopo essersi fatta giurare l'amore di Alfredo (Amami Alfredo), fugge. Alfredo si insospettisce della fuga di Violetta, e riceve la lettera (dal cocchio in partenza) che lei poco prima stava scrivendo. "Alfredo, al giungervi di questo foglio..." è quanto legge e quanto basta per fargli capire che Violetta lo ha lasciato. Quando vede l'invito di Flora sul tavolo, capisce che Violetta è alla festa, e, infuriato, decide di recarvisi anche lui, nonostante le suppliche del padre (Di Provenza il mar, il suol).
Quadro II
Alla festa a casa di Flora Bervoix si vocifera della separazione di Violetta e Alfredo. Durante i festeggiamenti per il carnevale, Alfredo arriva per cercare Violetta, che arriva accompagnata dal barone. Alfredo, giocando, insulta in modo indiretto Violetta, scatenando l'ira del barone, che lo sfida ad una partita di carte. Il barone perde ed Alfredo incassa una grande somma. Violetta chiede un colloquio con Alfredo, durante il quale lo supplica di andare via e, mentendogli, dice di essere innamorata del Barone. Alfredo, sdegnato, chiama tutti gli invitati (Or testimon vi chiamo che qui pagata io l'ho), e getta una borsa di denaro ai piedi di Violetta, che sviene in braccio a Flora. Tutti inveiscono contro Alfredo, e arriva il padre che lo rimprovera del fatto. Il barone decide di sfidare a duello Alfredo. Alfredo ha rimorso per il gesto di pubblico disprezzo fatto a spese di Violetta, che a sua volta si dichiara convinta che un giorno lui comprenderà le ragioni della separazione e rinnova la promessa di amore eterno.
Atto III
(Scena I, Scena II, Scena III, Scena IV, Scena V, Scena VI, Scena ultima)
«Ah della traviata sorridi al desìo
a lei deh perdona, tu accoglila, o Dio»
(Violetta, atto III scena IV)
La scena si svolge nella camera da letto di Violetta. La tisi si fa più acuta e ormai il dottor Grenvil rivela ad Annina che Violetta è in fin di vita (La tisi non le accorda che poche ore). Violetta, sola nella sua stanza, rilegge una lettera che custodiva vicino al petto, nella quale Giorgio Germont la informava di aver rivelato la verità ad Alfredo e che il suo amato, fuggito dopo aver ferito Douphol a duello, sta tornando da lei. Verdi accompagna il parlato della protagonista con un violino solista che accenna il canto d'amore di Alfredo del primo atto Di quell'amor ch'è palpito. Violetta sa che è troppo tardi ed esprime la sua disillusione nella romanza Addio, del passato bei sogni ridenti.
Per contrasto, all'esterno impazza il carnevale. Annina porta una buona notizia: è arrivato Alfredo, che entra, abbraccia Violetta e le promette di portarla con sé lontano da Parigi (Parigi, o cara). Giunge anche Giorgio Germont, che finalmente manifesta il suo rimorso. Violetta chiama a sé Alfredo e gli lascia un medaglione con la sua immagine, ella gli dice di sposarsi con una giovane che lo ami, ma mai di dimenticarla. Per un momento Violetta sembra riacquistare le forze, si alza dal letto, ma subito cade morta sul canapè.
Programma e cast
Massimo Zanetti: Direzione musicale
Nadine Sierra: Violetta
Piotr Beczala: Alfredo
Luca Salsi: Germont
Coro dell'Opéra di Monte-Carlo
Stefano Visconti: Preparazione corale
Orchestra Mozarteum di Salisburgo
Großes Festspielhaus
Il Grosses Festspielhaus (Gran Festival Hall) è stato progettato dall'architetto Clemens Holzmeister nel 1956 per il Festival di Salisburgo, in Austria. Il Festspielhaus è stato inaugurato il 26 luglio 1960 con una performance di Richard Strauss 'Der Rosenkavalier diretta da Herbert von Karajan.
Si tratta di uno dei più grandi stadi del mondo essendo larghi un centinaio di metri (300 + piedi) e l'auditorium si è quadrata, posti a sedere 2.179 persone. L'accesso del pubblico è attraverso cinque porte di bronzo, la cui facciata reca un motto latino da Thomas Michels: Il Muse santa casa è aperta a quelli mossi dalla canzone / potenza divina ci porta fino che sono ispirati.
Specifiche Grosses Festspielhaus
Larghezza palcoscenico: 100 Profondità m Tappa: 25 m
Larghezza boccascena: 30 m
Altezza boccascena: 9 m
Cinque podi di sollevamento, 18 x 3 m ciascuna; velocità max. 0,25 m / sec .; capacità di carico di 20 tonnellate ciascuno
Macchina scenica idraulico (doppio attacco di ABB)
Gridiron: 155 gru con una capacità di carico di 500 kg ciascuno, un terzo di loro azionata idraulicamente e controllato elettronicamente
Illuminazione: 825 circuiti elettrici regolabili con una potenza di oltre 5000 watt ciascuno; console di luce digitale; deposito di circa 2.000 luci individuali
Elettroacustica: scheda di controllo audio con 16 ingressi, 16 uscite principali e 4 uscite ausiliarie; prese per altoparlanti e microfoni durante tutto il palco e platea.