Lucrezia Borgia
Lu | Ma | Me | Gi | Ve | Sa | Do |
Composta nell'autunno del 1833, Lucrezia Borgia debuttò al Teatro alla Scala il 26 dicembre dello stesso anno. La fonte è il dramma omonimo di Victor Hugo, che Felice Romani, autore del libretto, ha adattato in un prologo e due atti. Fu lo stesso Donizetti a suggerire a Romani di trarre un libretto d'opera dal dramma di Hugo, attratto sia dalle situazioni di alta tensione presenti nel testo che dalle atmosfere cupe che circondano la storia.
Lucrezia Borgia, una donna spietata nella gestione del potere e pronta a eliminare tutti i suoi nemici, ritrova a Venezia il suo figlio segreto Gennaro, che aveva dovuto abbandonare in tenera età. Il giovane, ignaro della verità, si sente attratto da quella nobildonna mascherata, fino a quando i suoi amici non ne rivelano l'identità strappandole la maschera e insultandola pubblicamente. Da quel momento, si innesca una serie di eventi sempre più drammatici che porteranno all'avvelenamento del gruppo di amici di Gennaro, compreso lui stesso. Solo alla fine dell'opera, durante un duetto carico di pathos, il giovane scoprirà di essere figlio della tanto odiata Lucrezia.
In Lucrezia Borgia, Donizetti forgia musicalmente la figura di una donna molto complessa, con una doppia personalità. Il ruolo della protagonista, spietata con i suoi nemici ma affettuosa con il suo figlio segreto, richiede un'interprete con una grande maestria vocale e una forte personalità drammatica.
Nuovo allestimento
Trama
Prologo
A Venezia si festeggia il Carnevale presso Palazzo Grimani. Tra gli invitati figurano alcuni diplomatici ferraresi, capeggiati dal serioso Gennaro e dall'esuberante Maffio Orsini. Un altro invitato, tale Gubetta, si unisce all'elogio della bella vita veneziana lodando l'ospitalità di un'altra signoria italiana: quella degli Estensi, guidati da Alfonso e dalla consorte, Lucrezia Borgia. Al solo nominare quest'ultima, l'intera sala si raggela: la maggior parte degli invitati ha subìto ogni sorta di angheria dalla donna e dalla sua potente e pericolosa famiglia. Maffio giustifica di fronte a tutti il suo odio contro di lei: dopo una battaglia a Rimini era stato salvato da Gennaro e i due, riparatisi in un bosco, avevano ascoltato l'oracolo di un vecchio indovino che li esortava a fuggire Lucrezia, pena la morte (Nella fatal di Rimini). Gli amici esortano Maffio a non pensare a quella vicenda così lugubre in un clima di festa e si allontanano nel palazzo a festeggiare.
Gennaro, che si era addormentato durante il racconto di Maffio, rimane solo ma vegliato da una misteriosa donna appena giunta in gondola: è Lucrezia Borgia stessa, da tempo interessata al giovane Gennaro. Gubetta, informatore della donna, tenta di metterla in guardia, dato che a Venezia è piena di nemici. Lei però non ascolta il suo consiglio e lo allontana, volendo rimanere sola a contemplare il giovane ancora addormentato, incurante di essere spiata da altre due figure mascherate (Com'è bello, quale incanto). Gennaro si sveglia, e rimane colpito dalla bellezza della dama misteriosa, verso la quale professa un immediato e ardente amore. Il giovane, tuttavia, si corregge, affermando che il suo amore è diretto verso un'altra donna: sua madre, che tuttavia non ha mai conosciuto. Lucrezia, incuriosita dalle sue parole, lo invita a proseguire, e Gennaro le racconta la storia della sua vita: adottato da un pescatore, non ha mai conosciuto sua madre, finché un giorno un cavaliere gli aveva recato una lettera firmata dalla madre tanto ricercata, la quale, temendo per le loro vite, non ha voluto palesargli il proprio nome (Di pescatore ignobile). Al racconto, Lucrezia si commuove, rassicurandolo che un giorno potrà incontrare la donna che cerca.
Improvvisamente sopraggiungono gli amici di Gennaro, che, inorriditi, riconoscono la Borgia, rivelando la sua identità all'amico incredulo, svelandone i delitti e insultandola (Maffio Orsini, signora, son io). Gennaro si allontana, disgustato.
Atto Primo
A Ferrara, sotto la casa di Gennaro, viene rivelata l'identità delle due maschere che spiavano Lucrezia e Gennaro: nientemeno che il marito di Lucrezia stesso, il Duca Alfonso, insieme al suo scherano Rustighello. Stanco e umiliato dalle continue tresche della moglie, il Duca ha deciso di eliminare l'ennesimo rivale (Vieni, la mia vendetta).
Alfonso e Rustighello si ritirano quando escono dalla casa. Maffio e gli altri amici continuano a stuzzicare Gennaro per “l'avventura galante" con la Borgia, che abita proprio di fronte a Gennaro: il giovane, infastidito dai loro scherzi, per provare ai loro occhi il suo odio verso la donna, sfregia lo stemma del suo palazzo (col pugnale rimuove la "B" della scritta "Borgia", risultando, così, "orgia"). Gli amici si ritirano ed entrano, insieme, Rustighello e Astolfo, scherano di Lucrezia. Il primo vuole portare Gennaro da Alfonso, dove incontrerebbe sicura morte; il secondo vuole invece portarlo da Lucrezia per una festa: Rustighello e i suoi hanno la meglio su Astolfo, che fugge, mentre gli scherani del Duca entrano in casa di Gennaro.
A Palazzo Ducale, una Lucrezia infuriata affronta il marito: alla moglie il Duca risponde di aver già catturato il vandalo, che lei vuole morto, e gode nel vedere il suo terrore quando le viene presentato Gennaro. Lucrezia allora, rimasta ancora sola col marito, chiede la grazia per il giovane Gennaro: Alfonso rifiuta sfogandosi con lei, rinfacciandole i tradimenti e manifestandole la sua volontà di vendicarsi (Soli noi siamo). Il Duca finge di accordare il perdono a Gennaro, ma segretamente costringe Lucrezia a versare al giovane una coppa di vino avvelenato: ma la donna, appena uscito il marito, intima a Gennaro di fuggire subito tramite una porta segreta, non prima di avergli fatto bere un antidoto ed avergli ordinato di allontanarsi da Ferrara (Infelice! Il veleno bevesti).
Atto Secondo
Rustighello e i suoi hanno seguito Gennaro, ritornato a casa, e lo spiano mentre ha un colloquio con Maffio: Gennaro, dopo quanto successo al palazzo dei duchi, ha intenzione di lasciare Ferrara, ma l'amico riesce a farlo desistere, e lo invita a una festa presso la casa della principessa Negroni (Minacciata è la mia vita). I due amici partono, ma non vengono seguiti dagli scherani del Duca: Rustighello sa che alla festa della Negroni c'è una trappola mortale tesa dalla stessa Lucrezia.
Alla festa della Negroni, Gennaro, Maffio e i loro amici bevono e brindano in onore all'ospite di casa: Gubetta, tuttavia, complice di Lucrezia nella sua vendetta, provoca Maffio, e ne segue una lite che fa fuggire le donne, lasciando soli gli invitati. Sedata la rissa, un coppiere porta del vino di Siracusa, bevuto da tutti, meno che da Gubetta: solo Gennaro si accorge di questa singolarità. Mentre Maffio intona un brindisi (Il segreto per esser felici), da fuori scena risuonano dei lugubri canti che si avvicinano. Gli invitati, con orrore, scoprono tutte le porte della casa bloccate, ed appare Lucrezia, trionfante. La donna comunica agli invitati di essersi vendicata per l'affronto subìto a Venezia avvelenando il vino che poco fa hanno bevuto, e mostra loro le bare già pronte: Gennaro allora avanza, affermando che ve ne servirà una in più. Lucrezia, sconvolta, fa uscire tutti quanti per rimanere sola con Gennaro: la donna rimprovera al giovane di averle disobbedito per non aver abbandonato la città, ma Gennaro le mostra l'antidoto che gli è rimasto. Lucrezia si rasserena, ma quando Gennaro afferma di volerlo dividere con gli amici lo informa che quel che gli è rimasto gli basta appena per salvarsi: Gennaro, allora, si prepara ad ucciderla, per vendicare gli amici. La donna per fermarlo gli rivela la verità: egli è un Borgia, e per di più il suo stesso figlio (M'odi, ah, m'odi). Gennaro, dapprima inorridito dalla notizia, in punto di morte cerca il conforto della madre che non ha mai conosciuto fino ad allora (Madre, se ognor lontano), e muore. Alfonso rientra con tutta la corte, esultante per la morte del "rivale", ma Lucrezia lo mette al corrente della verità, implorando per sé stessa la vendetta di Dio (Era desso il figlio mio) prima di svenire.
Programma e cast
DURATA
Circa 2 ore e 50 minuti (intervallo incluso)
ARTISTI
Direttore: Francesco Ivan Ciampa
Regia: Andrea Bernard
Scene: Andrea Beltrame
Costumi: Elena Beccaro
Luci: Marco Alba
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro: Lorenzo Fratini
Alfonso I d'Este: Mirko Palazzi
Lucrezia Borgia: Jessica Pratt
Gennaro: René Barbera
Maffio Orsini: Laura Verrecchia
Teatro del Maggio
Il Teatro del Maggio è in centro, a ridosso della vecchia cinta muraria della città, al fianco della storica Stazione Leopolda. Il giardino che accoglie i visitatori è Piazzale Vittorio Gui, intitolato al fondatore della Stabile Orchestrale Fiorentina e del Maggio Musicale Fiorentino.
In treno
Santa Maria Novella è la principale stazione ferroviaria di Firenze.
Da lì è possibile arrivare in Teatro con un breve tragitto a piedi (circa 10-15 minuti) oppure prendendo la tranvia (una fermata) o un taxi.
In auto
L’Opera di Firenze è appena fuori dalla zona ZTL.
È possibile parcheggiare nei pressi del Parco delle Cascine o a pagamento nel parcheggio Porta al Prato (Via Elio Gabbuggiani, 7) e nel parcheggio di Piazza Vittorio Veneto.
In bus
Linee C1, C2 e D (fermata Leopolda);
Linee 17 e 23A-B (fermata Via delle Carra);
Linea 17B-C, 22, 23N, 23 e 57 (fermata Pierluigi da Palestrina);
Linee 29, 29B, 29BA, 29BC, 29D, 30A, 30B, 30AC, 35 e 35° (fermata Leopolda – Porta al Prato; Capolinea).
In tranvia
Linea T1 (fermata Porta al Prato – Parco della musica).