Maria Stuarda

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Maria Stuarda - Opera
di Gaetano Donizetti

 

Maria Stuarda è rappresentata in italiano con sopratitoli danesi e inglesi.
In collaborazione con il Grand Théâtre de Genève.
Il Teatro Reale Danese esprime la propria gratitudine alla Fondazione Juchum per il supporto nella messa in scena di Maria Stuarda.
Consigliato per un pubblico di 12 anni e oltre.
Durata prevista: 2 ore e 35 minuti, inclusa 1 pausa

 

Le voci dominano la scena in questo dramma maestoso incentrato sulla passione, il potere e l'omicidio.

 

 

Trama

 

Primo atto

Scena I - Palazzo di Westminster

Al termine di un torneo in suo onore, la regina Elisabetta I d'Inghilterra riceve una proposta di matrimonio dal re di Francia (Sì vuol di Francia il Rege); sebbene sappia che queste nozze le permetterebbero di consolidare il suo potere, la regina è incerta se accettarle, poiché è segretamente innamorata di Roberto, conte di Leicester. Giorgio Talbot, suo consigliere, perora intanto la causa di Maria Stuarda, detenuta nel castello di Fotheringay (italianizzato in Forteringa) con l'accusa di alto tradimento, chiedendone la liberazione. Cecil, il segretario di Stato, la esorta invece a eliminare la Stuarda, perché gli inglesi cattolici vedono ancora in lei la legittima regina. Elisabetta riflette sul fatto che Maria (della quale è tra l'altro cugina) sia anche sua rivale in amore, poiché anch'ella ama Leicester.

 

In preda a questi dubbi, Elisabetta convoca a corte Leicester. Mentre questi attende di essere ricevuto, Talbot gli consegna una lettera da parte di Maria, a cui è appena andato a fare visita (Questa imago, questo foglio). Arriva la regina, che solletica la gelosia dell'uomo chiedendogli di consegnare all'ambasciatore francese l'anello col quale accetterà le nozze; l'uomo rimane impassibile alla notizia, inasprendo i dubbi di Elisabetta. Vedendo la lettera tra le mani dell'amato, se la fa consegnare e la legge: in essa Maria chiede a Leicester di intercedere presso di lei per farle ottenere un colloquio privato. La tenerezza con cui Leicester ne parla dà a Elisabetta la conferma che questi sia innamorato della rivale: al colmo della gelosia acconsente ad andare a Forteringa, decisa ad affrontare la Stuarda e darle una definitiva umiliazione (Era d'amor l'immagine - Sul crin la rivale).

 

Scena II - Castello di Forteringa

Maria, reclusa ormai da tempo, rievoca con la nutrice Anna Kennedy i momenti felici vissuti da bambina, in Francia (Oh nube, che lieve). I loro discorsi sono interrotti da uno squillo di tromba: irrompe Leicester, il quale spiega a Maria che Elisabetta ha organizzato una battuta di caccia a Forteringa, in realtà un pretesto per venire da lei senza prima annunciarsi, allo scopo di impedirle la preparazione di un'arringa e affrontarla a viso aperto; la invita perciò a non cedere alle provocazioni della rivale (Da tutti abbandonata).

 

Elisabetta e Maria si trovano dunque a fronteggiarsi: in un clima di palpabile tensione ciascuna delle due donne studia l'altra, ravvisandovi alterigia e superbia (È sempre la stessa). Maria cerca di tenersi a bada e, prostratasi davanti alla cugina, implora pietà (Morta al mondo e morta al trono). Elisabetta tuttavia tratta con disprezzo, e la umilia ricordando i capi d'accusa per i quali è stata arrestata: l'infedeltà coniugale, la sua implicazione nella morte del secondo marito Enrico Stuart e la presunta partecipazione a numerose congiure; a causa di tali onte, dichiara di non volerla liberare. In un impeto di orgoglio, Maria risponde agli insulti rimarcando come Elisabetta non possa parlare di disonore, in quanto ella stessa frutto di nozze illegali tra Enrico VIII e Anna Bolena; la regina, dunque, è in effetti un'usurpatrice che profana la sacralità del trono inglese (Figlia impura di Bolena). Elisabetta, al colmo del furore, la fa arrestare e le promette la pena capitale: Maria rimane però impassibile, entusiasmata da quell'effimera vittoria.

 

Secondo atto

Scena I - Gli appartamenti di Elisabetta

A mente fredda, Elisabetta si scopre indecisa se condannare davvero a morte la Stuarda, come le consiglia continuamente Cecil. Leicester torna da lei per convincerla a perdonare Maria, ma le suppliche dell'amato hanno l'effetto contrario: Elisabetta, di nuovo gelosa, firma la condanna (D'una sorella, o barbara).

 

Scena II - La cella di Maria Stuarda

Passato il momento del trionfo, Maria piange il proprio destino: il suo vero timore è però che la regina si vendichi su Leicester, una volta che lei sarà morta. Talbot e Cecil vengono a portarle il foglio di condanna: Maria rifiuta con sdegno l'offerta di Cecil di essere confessata in articulo mortis da un pastore protestante, e chiede di essere ascoltata dal solo Talbot. A lui Maria confessa tutti i suoi peccati, compreso il suo coinvolgimento nelle morti del marito e di Davide Rizzio, nonché nel complotto di Anthony Babington, venendo assolta (Quando di luce rosea).

 

Giunge il momento dell'esecuzione: Anna si reca alla cella accompagnata da un gruppo di cattolici, nella speranza di vederla un'ultima volta (Vedeste? - Vedemmo). Maria chiede a tutti loro di pregare per la sua anima (Deh, tu di un'umile preghiera); a Cecil domanda invece un unico desiderio: avere Anna accanto a sé sul patibolo. Leicester, disperato, tenta di scatenare una rivolta che fermi l'ingiusta esecuzione: perché le proprie colpe non ricadano su lui e sul popolo inglese, Maria lo distoglie dal proposito e lo supplica di perdonare Elisabetta, come lei stessa ha fatto; dopodiché si avvia serenamente al patibolo, vestita di rosso come una martire (Ah, se un giorno da queste ritorte).

Programma e cast

Compositore: Gaetano Donizetti
Librettista: Giuseppe Bardari
Direttore: Paolo Arrivabeni
Regista: Mariame Clément
Regista di ripresa: Jean-Michel Criqui
Scenografa: Julia Hansen
Luci: Ulrik Gad
Costumi: Julia Hansen
Coreografo: Mathieu Guilhaumon

 

Cast - Soggetto a cambiamenti
Direttore: Paolo Arrivabeni
Elisabetta: Elisabeth Jansson
Maria Stuarda: Gisela Stille
Anna Kennedy: Johanne Bock
Roberto: Galeano Salas
Lord Cecil: Theodore Platt
Talbot: Henning von Schulman

Teatro dell´Opera di Copenaghen

Il Teatro d'Opera è stato donato allo Stato Danese da parte della Fondazione A.P. Møller e Chastine Mc-Kinney Møller nel mese di agosto del 2000 (A.P. Møller è stato cofondatore della società di oggi conosciuta come Mærsk). Alcuni politici sono stati offesi della donazione privata, in parte perché la totalità del costo del progetto sarebbe fiscalmente deducibile, quindi praticamente costringendo il governo ad acquistare l'edificio, ma è stata accettata dal Parlamento e dal governo nell'autunno del 2000. È stato progettato dall'architetto Henning Larsen e dagli studi ingegneristici Ramboll e Buro Happold e dalla Consulenza Teatrale Theatreplan. L'acustica è stata progettata dall'Arup Acoustics. A.P. Møller ha avuto l'ultima parola nella progettazione della costruzione, tra cui l'aggiunta di acciaio nei vetri anteriori. La Costruzione è iniziata nel giugno 2001 e si è conclusa il 1º ottobre 2004. È stato inaugurato il 15 gennaio 2005 con la presenza di Mærsk Mc-Kinney Møller, il primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen, e la Regina Margherita II.

Julian Herzog
© Grand Théâtre de Genève/Monika Rittershaus
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