Maria Stuarda

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Opera in tre atti, in italiano, con sottotitoli ungheresi, inglesi e italiani

Durata dello spettacolo: 3 ore e 20 minuti, con 1 intervallo.

 

Trama

Primo atto

Scena I - Palazzo di Westminster

Al termine di un torneo in suo onore, la regina Elisabetta I d'Inghilterra riceve una proposta di matrimonio dal re di Francia (Sì vuol di Francia il Rege); sebbene sappia che queste nozze le permetterebbero di consolidare il suo potere, la regina è incerta se accettarle, poiché è segretamente innamorata di Roberto, conte di Leicester. Giorgio Talbot, suo consigliere, perora intanto la causa di Maria Stuarda, detenuta nel castello di Fotheringay (italianizzato in Forteringa) con l'accusa di alto tradimento, chiedendone la liberazione. Cecil, il segretario di Stato, la esorta invece a eliminare la Stuarda, perché gli inglesi cattolici vedono ancora in lei la legittima regina. Elisabetta riflette sul fatto che Maria (della quale è tra l'altro cugina) sia anche sua rivale in amore, poiché anch'ella ama Leicester.

In preda a questi dubbi, Elisabetta convoca a corte Leicester. Mentre questi attende di essere ricevuto, Talbot gli consegna una lettera da parte di Maria, a cui è appena andato a fare visita (Questa imago, questo foglio). Arriva la regina, che solletica la gelosia dell'uomo chiedendogli di consegnare all'ambasciatore francese l'anello col quale accetterà le nozze; l'uomo rimane impassibile alla notizia, inasprendo i dubbi di Elisabetta. Vedendo la lettera tra le mani dell'amato, se la fa consegnare e la legge: in essa Maria chiede a Leicester di intercedere presso di lei per farle ottenere un colloquio privato. La tenerezza con cui Leicester ne parla dà a Elisabetta la conferma che questi sia innamorato della rivale: al colmo della gelosia acconsente ad andare a Forteringa, decisa ad affrontare la Stuarda e darle una definitiva umiliazione (Era d'amor l'immagine - Sul crin la rivale).

Scena II - Castello di Forteringa

Maria, reclusa ormai da tempo, rievoca con la nutrice Anna Kennedy i momenti felici vissuti da bambina, in Francia (Oh nube, che lieve). I loro discorsi sono interrotti da uno squillo di tromba: irrompe Leicester, il quale spiega a Maria che Elisabetta ha organizzato una battuta di caccia a Forteringa, in realtà un pretesto per venire da lei senza prima annunciarsi, allo scopo di impedirle la preparazione di un'arringa e affrontarla a viso aperto; la invita perciò a non cedere alle provocazioni della rivale (Da tutti abbandonata).

Elisabetta e Maria si trovano dunque a fronteggiarsi: in un clima di palpabile tensione ciascuna delle due donne studia l'altra, ravvisandovi alterigia e superbia (È sempre la stessa). Maria cerca di tenersi a bada e, prostratasi davanti alla cugina, implora pietà (Morta al mondo e morta al trono). Elisabetta tuttavia tratta con disprezzo, e la umilia ricordando i capi d'accusa per i quali è stata arrestata: l'infedeltà coniugale, la sua implicazione nella morte del secondo marito Enrico Stuart e la presunta partecipazione a numerose congiure; a causa di tali onte, dichiara di non volerla liberare. In un impeto di orgoglio, Maria risponde agli insulti rimarcando come Elisabetta non possa parlare di disonore, in quanto ella stessa frutto di nozze illegali tra Enrico VIII e Anna Bolena; la regina, dunque, è in effetti un'usurpatrice che profana la sacralità del trono inglese (Figlia impura di Bolena). Elisabetta, al colmo del furore, la fa arrestare e le promette la pena capitale: Maria rimane però impassibile, entusiasmata da quell'effimera vittoria.

 

Secondo atto

Scena I - Gli appartamenti di Elisabetta

A mente fredda, Elisabetta si scopre indecisa se condannare davvero a morte la Stuarda, come le consiglia continuamente Cecil. Leicester torna da lei per convincerla a perdonare Maria, ma le suppliche dell'amato hanno l'effetto contrario: Elisabetta, di nuovo gelosa, firma la condanna (D'una sorella, o barbara).

Scena II - La cella di Maria Stuarda

Passato il momento del trionfo, Maria piange il proprio destino: il suo vero timore è però che la regina si vendichi su Leicester, una volta che lei sarà morta. Talbot e Cecil vengono a portarle il foglio di condanna: Maria rifiuta con sdegno l'offerta di Cecil di essere confessata in articulo mortis da un pastore protestante, e chiede di essere ascoltata dal solo Talbot. A lui Maria confessa tutti i suoi peccati, compreso il suo coinvolgimento nelle morti del marito e di Davide Rizzio, nonché nel complotto di Anthony Babington, venendo assolta (Quando di luce rosea).

Giunge il momento dell'esecuzione: Anna si reca alla cella accompagnata da un gruppo di cattolici, nella speranza di vederla un'ultima volta (Vedeste? - Vedemmo). Maria chiede a tutti loro di pregare per la sua anima (Deh, tu di un'umile preghiera); a Cecil domanda invece un unico desiderio: avere Anna accanto a sé sul patibolo. Leicester, disperato, tenta di scatenare una rivolta che fermi l'ingiusta esecuzione: perché le proprie colpe non ricadano su lui e sul popolo inglese, Maria lo distoglie dal proposito e lo supplica di perdonare Elisabetta, come lei stessa ha fatto; dopodiché si avvia serenamente al patibolo, vestita di rosso come una martire (Ah, se un giorno da queste ritorte).

Programma e cast

Cast generale

Direttore: Martin Rajna, Kálmán Szennai

Maria Stuarda: Klára Kolonits

Elisabetta: Gabriella Balga

Anna Kennedy: Melinda Heiter

Robert Dudley: Juraj Hollý

Lord Guglielmo Cecil: Norbert Balázs

Giorgio Talbot: István Kovács

Un araldo: studente dello studio d'opera

Con l'Orchestra e il Coro dell'Opera di Stato Ungherese

Teatro dell'Opera di Budapest

INFORMAZIONI IN CASO DI PIENO CASA!

Se tutti i posti sono esauriti per l'orario selezionato, ma desideri comunque vedere la nostra produzione in quel giorno, inizieremo a vendere 84 dei nostri posti in piedi estremamente convenienti 2 ore prima dell'inizio dello spettacolo, con i quali potrai visitare il galleria al 3° piano. I biglietti possono essere acquistati presso la biglietteria del Teatro dell'Opera e sulla nostra interfaccia online. Vorremmo richiamare la vostra attenzione sul fatto che il palco è visibile solo in misura limitata dai posti in piedi e dai sedili laterali, ma allo stesso tempo, il seguito dello spettacolo è supportato anche dalla trasmissione televisiva sul posto.

 

Il Teatro dell'Opera di Budapest (Magyar Állami Operaház in ungherese) è uno dei maggiori esempi di architettura neorinascimentale. Si trova a Pest in Andrássy út 20.

 

Costruito da Miklós Ybl tra il 1875 e il 1884, è un edificio riccamente decorato, ed è considerato uno dei suoi capolavori. In stile neorinascimentale con elementi barocchi, è arricchito con affreschi e sculture di Bertalan Székely,Mór Than e Károly Lotz.

 

Di fronte alla facciata vi sono le statue di Ferenc Erkel, compositore dell'inno nazionale, e del compositore classicoFranz Liszt, entrambe di Alajos Stróbl.

Gustav Mahler ne fu direttore dal 1888 al 1891.

Attila Nagy
© Hungarian State Opera
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