Monteverdi: L’orfeo

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Favola in musica in cinque atti con prologo su libretto di Alessandro Striggio, rappresentata per la prima volta a Mantova nel 1607.

 

Sintesi

La recitazione ha luogo in due posti contrastanti: i campi della Tracia (negli Atti 1, 2 e 5) e nell'Oltretomba (negli Atti 3 e 4). Una Toccata strumentale (una fioritura di trombe) l'entrata della Musica, rappresentante lo "spirito della musica", che canta un prologo di cinque stanze di versi. Dopo un caloroso invito all'ascolto, La Musica dà prova delle sue abilità e talenti, dichiarando:

«so far tranquillo ogni turbato core»

(Alessandro Striggio, Libretto de "L'Orfeo")

Detto ciò, canta un inno di lode al potere della musica, prima di introdurre il protagonista dell'opera, Orfeo, capace di incantare le belve selvatiche con la sua musica.

 

Atto Primo

Dopo la richiesta di silenzio dell'allegoria della Musica, il sipario si apre sul Primo Atto per rivelare una scena bucolica. Orfeo ed Euridice entrano insieme con un coro di ninfe e pastori, che recitano alla maniera del Coro greco antico, entrambi cantando a gruppi e individualmente. Un pastore annuncia che è il giorno di matrimonio della coppia; il coro risponde inizialmente con una maestosa invocazione ("Vieni, Imeneo, deh vieni") e successivamente con una gioiosa danza ("Lasciate i monti, lasciate i fonti"). Orfeo ed Euridice cantano del loro reciproco amore prima di lasciarsi con tutto il gruppo della cerimonia matrimoniale nel tempio. Quelli rimasti sulla scena cantano un breve coro, commentando su Orfeo:

«Orfeo, di cui pur dianzi furon cibo i sospir, bevanda il pianto, oggi felice è tanto che nulla è più che da bramar gli avanzi.»

(Alessandro Striggio, Libretto de "L'Orfeo")

 

Atto Secondo

Orfeo ritorna in scena con il coro principale, elogiando le bellezze della natura. Orfeo medita poi sul suo precedente stato di infelicità, proclamando:

Questa atmosfera di gioia ha termine con l'ingresso della Messaggera, che comunica che Euridice è stata colpita dal fatale morso di un serpente nell'atto di raccogliere dei fiori. Mentre la Messaggera si punisce, definendosi come colei che genera cattive situazioni, il coro esprime la sua angoscia. Orfeo, dopo avere espresso il proprio dolore e l'incredulità per quanto accaduto, comunica l'intenzione di scendere nell'Aldilà e persuadere Plutone a fare resuscitare Euridice.

 

Atto Terzo

Orfeo viene guidato da Speranza alle porte dell'Inferno. Dopo avere letto le iscrizioni sul cancello ("Lasciate ogni speranza, ò voi ch'entrate."), Speranza esce di scena. Orfeo deve ora confrontarsi con il traghettatore Caronte, che si rifiuta ingiustamente di portarlo attraverso il fiume Stige. Orfeo prova dunque a convincere Caronte cantandogli invano un motivo lusinghiero. In seguito, Orfeo prende la sua lira, incantando il traghettatore Caronte, che piomba in uno stato di sonno profondo. Orfeo prende poi il controllo della barca, entrando nell'Aldilà, mentre un coro di spiriti riflette sul fatto che la natura non può difendersi dall'uomo.

 

Atto Quarto

Nell'Aldilà, Proserpina, regina degli Inferi, viene incantata dalla voce di Orfeo, supplicando Plutone di riportare Euridice in vita. Il re dell'Ade viene convinto dalle suppliche della moglie, a condizione che Orfeo non guardi mai Euridice nel ritorno sulla terraferma, cosa che la farebbe scomparire nuovamente per l'eternità. Euridice entra in scena al seguito di Orfeo, che promette che in quello stesso giorno egli giacerà sul bianco petto della moglie. Tuttavia, un dubbio comincia a sorgergli nella mente, convincendosi che Plutone, mosso dall'invidia, lo abbia ingannato. Orfeo, spinto dalla commozione, si gira distrattamente, mentre l'immagine di Euridice comincia lentamente a scomparire. Orfeo prova dunque a seguirla, ma viene attratto da una forza sconosciuta. Orfeo è spinto dalle proprie passioni a infrangere il patto con Plutone.

 

Atto Quinto

Tornato nei campi della Tracia, Orfeo tiene un lungo monologo in cui lamenta la sua perdita, celebra la bellezza di Euridice e decide che il suo cuore non sarà mai più trafitto dalla freccia di Cupido. Un'eco fuori scena ripete le sue frasi finali. Improvvisamente, in una nuvola, Apollo scende dal cielo e lo castiga: "Perch'a lo sdegno ed al dolor in preda così ti doni, o figlio?". Invita Orfeo a lasciare il mondo e a unirsi a lui nei cieli, dove riconoscerà la somiglianza di Euridice nelle stelle. Orfeo risponde che sarebbe indegno non seguire il consiglio di un padre così saggio, e insieme salgono. Un coro di pastori conclude che "chi semina fra doglie, d'ogni grazia il frutto coglie", prima che l'opera si concluda con una vigorosa moresca.

Programma e cast

CATEGORIA VIP: I posti migliori con un bicchiere di champagne gratuito e programma.

CATEGORIA PRESTIGE: Eccellenti posti con un bicchiere di champagne gratuito e programma.

 

Julian Prégardien: Orfeo

Juliette Mey: Euridice, Musica

Claire Lefilliâtre: Proserpina, Ninfa

Isabelle Druet: Messagiera, Speranza

Luigi De Donato: Plutone Caronte, Pastore, Spirito

Cyril Auvity: Apollo, Pastore, Spirito

Paul Figuier: Pastore

Vlad Crosman: Pastore, Spirito, Eco

Samuel Guibal: Spirito

Les Épopées

Stéphane Fuget: Clavicembalo, Organo, Direttore

 

PROGRAMMA

Prima parte: 1h20

Intervallo

Seconda parte: 40 min

Reggia di Versailles

La reggia di Versailles (in francese château de Versailles) è un'antica residenza reale dei Borbone di Francia. La città di Versailles, nata dalla scelta di questo luogo da parte del giovane Luigi XIV per allontanarsi dalla capitale e dai suoi cittadini, temuti e considerati difficili da tenere sotto controllo, dopo l'episodio della Fronda, costituisce oggi un comune autonomo situato nel dipartimento delle Yvelines, in Francia.

All'inizio del suo regno, Luigi XIV non trovò alcuna reggia che lo soddisfacesse pienamente. A Parigi vagò tra il Palais-Royal, il Louvre, le Tuileries senza mai essere soddisfatto delle sue residenze. Per sottrarsi alla città (allora scomoda, sporca, rumorosa, stretta, inquietante anche per il re), cercò di sistemarsi a Vincennes e a Saint-Germain-en-Laye, dove era nato, e per un certo periodo soggiornò anche a Fontainebleau.

Certo tutti i castelli erano antichi, e presentavano molti inconvenienti: il re intraprese grandi lavori di ammodernamento per ridurne la scomodità, ma non trovava pace. Nel 1651 (aveva 13 anni) visitò per la prima volta Versailles - e fu il colpo di fulmine: il castello del resto era il più nuovo e moderno di tutti, e disponeva di grandi spazi per cacciare. Versailles diventò così importante, nei progetti del re, che il 25 ottobre 1660 condusse a visitarlo la sua giovane sposa, la regina Maria Teresa di Spagna.

Nel 1661, dopo la morte del cardinale Mazzarino, Luigi iniziò i lavori di ampliamento, investendovi 1.100.000 lire dell'epoca (cioè quasi venti volte il prezzo d'acquisto) e incaricando Louis Le Vau di ricostruire gli edifici, mentre Charles Errard e Noël Coypel iniziavano la decorazione degli appartamenti e André Le Nôtre creava l'Orangerie (le serre) e la Ménagerie(l'uccelliera). All'epoca, Versailles era solo una sede di diporto, buona per darvi feste in giardino, mentre il palazzo reale ufficiale restava il Louvre.

L'idea di erigere uno dei palazzi più straordinari d'Europa, in luogo del piccolo castello di Luigi XIII che la corte, sprezzante, considerava come la casa di campagna di un borghese, suscitò molte critiche a mezza bocca: il luogo era definito « ingrato, triste, senza panorama, senza boschi, senz'acqua, senza terra, perché tutto è sabbie mobili e palude, senz'aria », e quindi assolutamente pas bon.
In una lettera rimasta celebre, Colbert dava voce a queste critiche lamentando che il Re spendesse tanto su Versailles e trascurasse invece il Louvre «che è certamente il più superbo palazzo che vi sia al mondo. Che sconforto, vedere un così grande Re ridotto alla misura di Versailles!»

La prima festa data alla reggia, che durò dal 7 al 14 maggio del 1664, si intitolò « Les Plaisirs de l'Isle Enchantée » (I piaceri dell'isola incantata), e intrecciava l'ispirazione italiana tratta dai due poemi epici italiani del XVI secolo, l'Orlando Furioso dell'Ariosto e la Gerusalemme liberata del Tasso, con quella francese rappresentata da Molière, che presentò la Princesse d'Élidé e i primi tre atti del Tartufo. La festa era data (segretamente) in onore di Mademoiselle de La Vallière e Luigi stesso vi interpretò la parte del liberatore dei compagni dall'isola di Alcina.

Tra il 1664 e il 1666 Luigi XIV decise di sistemare Versailles in modo da potervi passare diversi giorni con il suo Consiglio, conservando il castello costruito da Luigi XIII. La scelta fu dettata più da motivi finanziari che sentimentali, e comunque la superficie fu triplicata e la decorazione fu lussuosissima, tematizzata sulla rappresentazione del Sole, onnipresente a Versailles. I giardini, molto apprezzati dal re, furono ulteriormente ampliati e ornati di sculture di Girardon e di Le Hongre.
Di questa prima ornamentazione sono sopravvissuti soltanto il gruppo di Apollo e le ninfe e i Cavalli del sole.

Nel 1667 fu costruito il Grand canal. Le Nôtre decise di ampliare il viale d'ingresso e passò ad occuparsi dei giardini e dell'architettura degli esterni, in collaborazione, per la parte idraulica, con la famiglia di ingegneri italiani Francine, che furono gli "Intendenti delle acque e delle fontane di Francia" dal 1623 al 1784.

La seconda festa ebbe luogo 4 anni dopo, il 18 luglio 1668, e rese noto il nome di Versailles. Conosciuta come Grand Divertissement Royal de Versailles (si potrebbe tradurre "il Gran Gioco Reale di Versailles"), fu caratterizzata dal Georges Dandin di Molière e dalle Feste dell'Amore e del Caso, di Jean Baptiste Lully.

In queste feste la corte misurò la scomodità del piccolo castello, giacché molti non trovarono dove dormire, e il Re, desiderando ingrandirlo, affidò l'incarico a Le Vau, che presentò diversi progetti. Uno prevedeva la distruzione del castello vecchio e la sua sostituzione con un palazzo all'italiana. Un altro - che fu quello scelto dal Re su consiglio di Colbert -proponeva di ingrandire il castello dal lato del giardino con un involucro di pietra.

Giardini di Versailles

I giardini di Versailles (in francese: jardins du château de Versailles) occupano la parte di quello che un tempo era il domaine royal de Versailles, il dominio reale appunto della reggia di Versailles. Situati a ovest del palazzo, i giardini coprono una superficie di 800 ettari di terreno, gran parte ricoperto da giardini "alla francese". Dietro una cintura di piante, i giardini sono circondati dalle aree urbane del villaggio di Versailles e da quello di Le Chesnay, oltre che dall'arboreto di Chèvreloup e dalle pianure di Versailles, nonché dalla fortesta Satory.

Come parte del domaine national de Versailles et de Trianon, un'entità autonoma operante sotto la tutela del Ministero della Cultura francese, i giardini sono ad oggi uno dei siti pubblici più visitati di Francia, ricevendo oltre sei milioni di visitatori all'anno.

Oltre ai meticolosi parterres di fiori e alle numerose sculture, troneggiano le fontane, sparse in tutto il complesso dei giardini. Databili all'epoca di Luigi XIV, le fontane continuano a funzionare con uno dei sistemi idraulici più complessi e duraturi dell' Ancien Régime, fornendo ai giardini un costante contributo di unica bellezza. Nei fine settimana dalla tarda primavera al primo autunno, l'amministrazione del museo promuove l'iniziativa Grandes Eaux, una serie di spettacoli durante i quali tutte le fontane del giardino funzionano contemporaneamente.

Nel 2012 i giardini assieme al castello sono stati iscritti tra i monumenti protetti dall'UNESCO.

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