Turandot
Lu | Ma | Me | Gi | Ve | Sa | Do |
Opera in tre atti, in italiano, con sottotitoli in ungherese, inglese e italiano
Durata dello spettacolo: 3 ore, con 1 intervallo.
Trama
«Chi quel gong percuoterà
apparire la vedrà
bianca al pari della giada
fredda come quella spada
è la bella Turandot!»
(Coro, atto I)
L'azione si svolge a Pechino, «al tempo delle favole»
Atto I
Un mandarino annuncia pubblicamente un editto: Turandot, figlia dell'imperatore Altoum, sposerà quel pretendente di sangue reale che abbia svelato tre indovinelli molto difficili da lei stessa proposti; colui però che non sappia risolverli dovrà essere decapitato. Il principe di Persia, l'ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova e sarà giustiziato al sorger della luna. All'annuncio, tra la folla desiderosa di assistere all'esecuzione, sono presenti il vecchio Timur che, nella confusione, cade a terra, e la sua schiava fedele Liù, che chiede aiuto. Un giovane di nome Calaf si affretta ad aiutare il vegliardo e lo riconosce come suo padre, re tartaro spodestato e rimasto accecato nel corso della battaglia che lo ha privato del trono. I due si abbracciano commossi e Calaf prega il padre e la schiava Liù, molto devota, di non pronunciare il suo nome: ha paura dei regnanti cinesi, i quali hanno usurpato il trono del padre. Nel frattempo il boia affila le lame preparandole per l'esecuzione fissata nel momento in cui sorgerà la Luna, mentre la folla si agita ulteriormente.
Ai primi chiarori lunari entra il corteo che accompagna la vittima. Alla vista del principe la folla, prima eccitata, si commuove per la sua giovane età, invocando la grazia. Turandot allora entra, glaciale ordina il silenzio al suo popolo e con un gesto dà ordine al boia di giustiziare il principe che viene ucciso senza pietà.
Calaf, che prima l'aveva maledetta per la sua crudeltà, è ora impressionato dalla regale bellezza di Turandot e decide di affrontare la sfida e risolvere i tre enigmi. Timur e Liù provano a dissuaderlo, ma lui si lancia verso il gong dell'atrio del palazzo imperiale. Tre figure lo fermano: sono Ping, Pong e Pang, ministri di corte. Anche loro tentano di convincere Calaf a desistere dal suo proposito, descrivendo l'insensatezza dell'azione che sta per compiere. Il principe, però, quasi in una sorta di delirio, si libera di loro e suona tre volte il gong, invocando il nome di Turandot.
Atto II
È notte. Ping, Pong e Pang si lamentano di come, in qualità di ministri di corte, siano costretti ad assistere alle esecuzioni delle troppe sfortunate vittime di Turandot, mentre preferirebbero vivere tranquillamente nei loro possedimenti in campagna.
Sul piazzale della reggia intanto tutto è pronto per il rito dei tre enigmi. C'è una lunga scalinata in cima alla quale si trova il trono in oro e pietre preziose dell'imperatore. Da un lato ci sono i sapienti, i quali custodiscono le soluzioni degli enigmi, dall'altro ci sono il popolo, il Principe ignoto e i tre ministri. Altoum invita il principe ignoto a desistere, ma quest'ultimo rifiuta. Il mandarino fa dunque iniziare la prova, ripetendo l'editto imperiale, mentre entra in scena Turandot. La bella principessa spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, in seguito a ciò, una sua antenata era stata violentata e uccisa dall'invasore. In ricordo della sua morte, Turandot aveva giurato che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo: per questo aveva inventato il rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. Calaf invece riesce a risolverli uno dopo l'altro: la principessa, disperata e incredula, si getta ai piedi del padre, supplicandolo di non consegnarla allo straniero, ma per l'imperatore la parola data è sacra. Turandot si rivolge allora al Principe e lo ammonisce che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena d'odio. Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell'alba, riuscirà a scoprire il suo nome, egli le regalerà la sua vita. Il nuovo patto è accettato, mentre risuona un'ultima volta, solenne, l'inno imperiale.
Atto III
È notte. In lontananza si sentono gli araldi che portano l'ordine della principessa: quella notte nessuno deve dormire a Pechino e il nome del principe ignoto deve essere scoperto a ogni costo, pena la morte. Calaf intanto è sveglio, convinto di vincere e intona la famosa aria Nessun dorma.
Giungono Ping, Pong e Pang, che offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta. Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Appare anche Turandot, che ordina loro di parlare. Liù, per difendere Timur, afferma di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto, ma dice anche che non lo svelerà mai. La donna subisce molte torture ma continua a tacere, riuscendo a stupire Turandot, che le chiede cosa le dia tanta forza per sopportare le torture, al che Liù risponde che è l'amore a darle questa forza.
Turandot è turbata da questa dichiarazione, ma rimane la gelida principessa crudele: ordina ai tre ministri di scoprire a tutti i costi il nome del principe ignoto. Liù, sapendo che non riuscirà a tenerlo nascosto ancora, strappa di sorpresa un pugnale a una guardia e si trafigge a morte, cadendo esanime ai piedi di uno sconvolto Calaf. Il vecchio Timur, essendo cieco non comprende immediatamente quanto accaduto; quando la verità gli viene infine cinicamente rivelata dal ministro Ping, il deposto sovrano abbraccia distrutto il corpo senza vita di Liù, che viene portato via seguito dalla folla in preghiera.
Arrivati a questo punto Puccini stesso muore e l'opera rimane "incompiuta", né Puccini né i librettisti avevano trovato un accordo per finire l'opera, sicché nessuno sa come Puccini l'avrebbe continuata. Quindi fino al funerale di Liù la trama è originale.[10]
Qui di seguito si riporta solo la trama aggiunta da Franco Alfano:
Turandot e Calaf restano soli. In un primo momento Calaf è adirato con la principessa, che accusa di aver provocato fin troppo dolore in nome del suo odio e di essere ormai incapace di provare sentimenti (Principessa di morte), ma ben presto all'odio si sostituisce l'amore di cui Calaf è incapace di liberarsi. La principessa dapprima lo respinge, poi ammette di aver avuto paura di lui la prima volta che l'ha visto e di essere ormai travolta dalla passione, che li porta infine a scambiarsi un bacio appassionato. Turandot tuttavia è molto orgogliosa e supplica il principe di non volerla umiliare, quindi lui accetta di morire per lei, presentandosi finalmente come Calaf, figlio di Timur. Turandot, saputo il suo nome, potrà quindi ucciderli, se vorrà.
Davanti al palazzo reale, davanti al trono imperiale è riunita una grande folla. Squillano le trombe. Turandot dichiara pubblicamente di conoscere il nome dello straniero: «il suo nome è Amore».
Tra le grida di giubilo della moltitudine, la principessa Turandot, felice, si abbandona tra le braccia di Calaf e accetta di sposarlo.
La folla inneggia festante ai due futuri sposi.
Programma e cast
Cast generale
Direttore: Péter Halász
Turandot: Eszter Sümegi, Szilvia Rálik
L'Imperatore Altoum: Dénes Gulyás
Timur: Péter Fried
Calàf: Boldizsár László, Yusif Eyvazov
Liù: Polina Pasztircsák, Kinga Kriszta
Ping: Attila Erdős
Pang: Tibor Szappanos
Pong: Tivadar Kiss
Mandarino: András Palerdi
Con l'Orchestra e il Coro dell'Opera di Stato Ungherese
Teatro dell'Opera di Budapest
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Il Teatro dell'Opera di Budapest (Magyar Állami Operaház in ungherese) è uno dei maggiori esempi di architettura neorinascimentale. Si trova a Pest in Andrássy út 20.
Costruito da Miklós Ybl tra il 1875 e il 1884, è un edificio riccamente decorato, ed è considerato uno dei suoi capolavori. In stile neorinascimentale con elementi barocchi, è arricchito con affreschi e sculture di Bertalan Székely,Mór Than e Károly Lotz.
Di fronte alla facciata vi sono le statue di Ferenc Erkel, compositore dell'inno nazionale, e del compositore classicoFranz Liszt, entrambe di Alajos Stróbl.
Gustav Mahler ne fu direttore dal 1888 al 1891.