Turandot

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Turandot – Giacomo Puccini | Opera
Durata approssimativa: 2 ore e 45 minuti, inclusi due intervalli di 20 minuti
Lingua: italiano, con sopratitoli in ceco e inglese

 

Turandot, ultima opera di Giacomo Puccini, può essere considerata l’“ultima dei Mohicani” dell’età d’oro dell’opera romantica italiana. Pur essendo il maggiore erede di Verdi, Puccini non si è lasciato imprigionare da questa tradizione, ma l’ha sviluppata e arricchita con coraggio, attingendo ai nuovi linguaggi artistici emersi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Di conseguenza, la sua Turandot, composta tra il 1921 e il 1924, presenta pochi tratti propriamente romantici.

 

Puccini si ispirò all’omonima commedia dell’arte di Carlo Gozzi, autore molto amato dalle avanguardie del primo Novecento. Il soggetto proviene dalla Persia o dalla Mongolia – culture esotiche apprezzate soprattutto dagli ammiratori dello stile decorativo –, mentre la vicenda narrata nel libretto si svolge in una Pechino medievale e si basa su elementi fiabeschi, o meglio mitologici, cari ai simbolisti. Il tema dell’amore passionale, fondamentale per l’opera romantica, è velato da motivi misteriosi come il ghiaccio, il fuoco e la luna; una fiamma erotica si accende enigmaticamente insieme a un odio intenso e implacabile – emozioni che ci aspetteremmo più in opere ispirate alla decadenza o alla psicoanalisi.

 

Eppure, ciò che conferisce a Turandot, nonostante il suo modernismo, il carattere di un’opera romantica è il linguaggio musicale di Puccini: ricco di elementi “eccentrici” – dalle parafrasi orientali a sonorità orchestrali brutali, armonie dissonanti e complessi momenti corali e d’ensemble – ma dominato dalla sua straordinaria inventiva melodica, nel solco dei suoi grandi predecessori italiani, e al contempo assolutamente originale – squisitamente pucciniana.

 

Consigliato a partire dai 12 anni.

 

 

Trama

«Chi quel gong percuoterà
apparire la vedrà
bianca al pari della giada
fredda come quella spada
è la bella Turandot!»

(Coro, atto I)

L'azione si svolge a Pechino, «al tempo delle favole»

 

Atto I

Un mandarino annuncia pubblicamente un editto: Turandot, figlia dell'imperatore Altoum, sposerà quel pretendente di sangue reale che abbia svelato tre indovinelli molto difficili da lei stessa proposti; colui però che non sappia risolverli dovrà essere decapitato. Il principe di Persia, l'ultimo dei tanti pretendenti sfortunati, ha fallito la prova e sarà giustiziato al sorger della luna. All'annuncio, tra la folla desiderosa di assistere all'esecuzione, sono presenti il vecchio Timur che, nella confusione, cade a terra, e la sua schiava fedele Liù, che chiede aiuto. Un giovane di nome Calaf si affretta ad aiutare il vegliardo e lo riconosce come suo padre, re tartaro spodestato e rimasto accecato nel corso della battaglia che lo ha privato del trono. I due si abbracciano commossi e Calaf prega il padre e la schiava Liù, molto devota, di non pronunciare il suo nome: ha paura dei regnanti cinesi, i quali hanno usurpato il trono del padre. Nel frattempo il boia affila le lame preparandole per l'esecuzione fissata nel momento in cui sorgerà la Luna, mentre la folla si agita ulteriormente.

Ai primi chiarori lunari entra il corteo che accompagna la vittima. Alla vista del principe la folla, prima eccitata, si commuove per la sua giovane età, invocando la grazia. Turandot allora entra, glaciale ordina il silenzio al suo popolo e con un gesto dà ordine al boia di giustiziare il principe che viene ucciso senza pietà.

Calaf, che prima l'aveva maledetta per la sua crudeltà, è ora impressionato dalla regale bellezza di Turandot e decide di affrontare la sfida e risolvere i tre enigmi. Timur e Liù provano a dissuaderlo, ma lui si lancia verso il gong dell'atrio del palazzo imperiale. Tre figure lo fermano: sono Ping, Pong e Pang, ministri di corte. Anche loro tentano di convincere Calaf a desistere dal suo proposito, descrivendo l'insensatezza dell'azione che sta per compiere. Il principe, però, quasi in una sorta di delirio, si libera di loro e suona tre volte il gong, invocando il nome di Turandot.

 

Atto II

È notte. Ping, Pong e Pang si lamentano di come, in qualità di ministri di corte, siano costretti ad assistere alle esecuzioni delle troppe sfortunate vittime di Turandot, mentre preferirebbero vivere tranquillamente nei loro possedimenti in campagna.

Sul piazzale della reggia intanto tutto è pronto per il rito dei tre enigmi. C'è una lunga scalinata in cima alla quale si trova il trono in oro e pietre preziose dell'imperatore. Da un lato ci sono i sapienti, i quali custodiscono le soluzioni degli enigmi, dall'altro ci sono il popolo, il Principe ignoto e i tre ministri. Altoum invita il principe ignoto a desistere, ma quest'ultimo rifiuta. Il mandarino fa dunque iniziare la prova, ripetendo l'editto imperiale, mentre entra in scena Turandot. La bella principessa spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era caduto nelle mani dei tartari e, in seguito a ciò, una sua antenata era stata violentata e uccisa dall'invasore. In ricordo della sua morte, Turandot aveva giurato che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo: per questo aveva inventato il rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti. Calaf invece riesce a risolverli uno dopo l'altro: la principessa, disperata e incredula, si getta ai piedi del padre, supplicandolo di non consegnarla allo straniero, ma per l'imperatore la parola data è sacra. Turandot si rivolge allora al Principe e lo ammonisce che in questo modo egli avrà solo una donna riluttante e piena d'odio. Calaf la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se la principessa, prima dell'alba, riuscirà a scoprire il suo nome, egli le regalerà la sua vita. Il nuovo patto è accettato, mentre risuona un'ultima volta, solenne, l'inno imperiale.

 

Atto III

È notte. In lontananza si sentono gli araldi che portano l'ordine della principessa: quella notte nessuno deve dormire a Pechino e il nome del principe ignoto deve essere scoperto a ogni costo, pena la morte. Calaf intanto è sveglio, convinto di vincere e intona la famosa aria Nessun dorma.

Giungono Ping, Pong e Pang, che offrono a Calaf qualsiasi cosa pur di conoscere il suo nome, ma il principe rifiuta. Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Appare anche Turandot, che ordina loro di parlare. Liù, per difendere Timur, afferma di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto, ma dice anche che non lo svelerà mai. La donna subisce molte torture ma continua a tacere, riuscendo a stupire Turandot, che le chiede cosa le dia tanta forza per sopportare le torture, al che Liù risponde che è l'amore a darle questa forza.

Turandot è turbata da questa dichiarazione, ma rimane la gelida principessa crudele: ordina ai tre ministri di scoprire a tutti i costi il nome del principe ignoto. Liù, sapendo che non riuscirà a tenerlo nascosto ancora, strappa di sorpresa un pugnale a una guardia e si trafigge a morte, cadendo esanime ai piedi di uno sconvolto Calaf. Il vecchio Timur, essendo cieco non comprende immediatamente quanto accaduto; quando la verità gli viene infine cinicamente rivelata dal ministro Ping, il deposto sovrano abbraccia distrutto il corpo senza vita di Liù, che viene portato via seguito dalla folla in preghiera.

Arrivati a questo punto Puccini stesso muore e l'opera rimane "incompiuta", né Puccini né i librettisti avevano trovato un accordo per finire l'opera, sicché nessuno sa come Puccini l'avrebbe continuata. Quindi fino al funerale di Liù la trama è originale.[10]

Qui di seguito si riporta solo la trama aggiunta da Franco Alfano:

Turandot e Calaf restano soli. In un primo momento Calaf è adirato con la principessa, che accusa di aver provocato fin troppo dolore in nome del suo odio e di essere ormai incapace di provare sentimenti (Principessa di morte), ma ben presto all'odio si sostituisce l'amore di cui Calaf è incapace di liberarsi. La principessa dapprima lo respinge, poi ammette di aver avuto paura di lui la prima volta che l'ha visto e di essere ormai travolta dalla passione, che li porta infine a scambiarsi un bacio appassionato. Turandot tuttavia è molto orgogliosa e supplica il principe di non volerla umiliare, quindi lui accetta di morire per lei, presentandosi finalmente come Calaf, figlio di Timur. Turandot, saputo il suo nome, potrà quindi ucciderli, se vorrà.

Davanti al palazzo reale, davanti al trono imperiale è riunita una grande folla. Squillano le trombe. Turandot dichiara pubblicamente di conoscere il nome dello straniero: «il suo nome è Amore».

Tra le grida di giubilo della moltitudine, la principessa Turandot, felice, si abbandona tra le braccia di Calaf e accetta di sposarlo.

La folla inneggia festante ai due futuri sposi.

Programma e cast

Direttore d’orchestra: Giuseppe Finzi
Turandot: Ewa Vesin; Maida Hundeling
Timur: František Zahradníček; Jiří Sulženko
Calaf: Alejandro Roy; Michal Lehotský
Liù: Alžběta Poláčková
Ping: Jiří Hájek; Jiří Brückler
Pang: Jaroslav Březina
Pong: Josef Moravec; Martin Šrejma
Mandarino: Miloš Horák; Roman Vocel
Altoum: Jan Vacík; Jan Ježek
Principe di Persia: Martin Dvořák; Patrik Čermák

 

Regia e scenografia: Zuzana Gilhuus
Costumi: Boris Hanečka
Coreografia: Martin Dvořák
Disegno luci: Martin Bronec
Maestro del coro: Pavel Vaněk
Drammaturgia: Ondřej Hučín

 

Coro del Teatro Nazionale
Orchestra del Teatro Nazionale
Balletto dell’Opera del Teatro Nazionale
Coro Kühn di Praga
Coro di voci bianche della Filarmonica di Praga

Teatro Nazionale di Praga

Il Teatro Nazionale di Praga (in ceco, Národní Divadlo) è il più famoso teatro d'Opera boemo ed è considerato monumento nazionale della Repubblica Ceca. Ivi - nella parte annessa del più antico Teatro degli Stati - furono messe in scena per la prima volta nel 1787 il Don Giovanni e nel 1791 La clemenza di Tito, capolavori operistici di Mozart.

 

Storia e descrizione

 

L'Opera di Praga fa parte del patrimonio storico e culturale ceco ed è simbolo di una ricca tradizione artistica e musicale sostenuta da sempre dalle più importanti personalità della società boema. Il progetto fu proposto fin dall'inizio del Risorgimento e cominciò ad essere avviato verso la seconda metà dell'Ottocento quando il Comitato per la costruzione del Teatro Nazionale organizzò le prime raccolte fondi. Nel 1862 fu costruito sul terreno vicino allaMoldava il cosiddetto "Teatro provvisorio", che più tardi divenne parte integrante del edificio. Il 16 maggio 1868 fu posta la prima pietra della struttura e la fabbrica fu affidata all'architetto Josef von Zítek. Il teatro quasi finalizato fu aperto 11 giugno 1881 e, due mesi dopo, probabilmente per colpa di alcuni lattonieri imprudenti, prese fuoco, distruggendo il tetto. Per fortuna, in un solo mese, i cittadini di Praga raccolsero un milione di corone d'oro per la sua ricostruzione e, dopo altri due anni, la "cappella d'oro" fu riparata secondo i progetti di Josef Schulz, potendo così riaprire al pubblico il 18 novembre 1883 con l'opera Libuše di Bedřich Smetana. Al giorno d'oggi il Teatro Nazionale consta di tre complessi artistici - opera, balletto e teatro - che alternano vicendevolmente le loro esibizioni nello storico edificio del Teatro Nazionale, nel Teatro di Stato ed al Teatro Kolowrat. Tutte e tre le ensemble selezionano il loro repertorio non solo fra il ricco patrimonio classico, ma prestano attenzione anche sulla produzione artistica moderna.

 

In auto 

Al centro (OldTown), approccio su Masarykovo nábřeží (Masaryk terrapieno) nella direzione dalla Casa Danzante, all'incrocio di fronte al Teatro Nazionale girare a destra per via Divadelní e poi ancora a destra per via Ostrovní al parcheggio Teatro Nazionale . Il parcheggio costa 50 CZK / h. 

Con il tram 

Per il giorno tram nn 6, 9, 18 e 22 e la notte i tram numeri 53, 57, 58, 59 fino alla fermata "Národní Divadlo" - di fronte al palazzo storico NT; per giorno il tram n ° 17 fino alla fermata "Národní Divadlo". 

In metro 

Per la stazione "Můstek", linea B (gialla), e poi a piedi su strada Národní; o per la stazione "Karlovo namesti" e poi due fermate di tram n ° 6, 18 o 22 fino alla fermata "Národní Divadlo". Per la stazione "Staroměstská", linea A (verde), e poi due fermate di tram n ° 17 fino alla fermata "Národní Divadlo".

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